sabato 23 marzo 2013

Lettera anonima al Signore

Penso di essere veramente ridicolo, io che mi autoproclamo figlio di Dio, provare a parlare con te attraverso una lettera. Già, perché per me è diventato difficilissimo pregare, non riesco più a farlo; ai primordi avevo difficoltà a farlo in pubblico ma almeno nell' intimo passavo dei bei momenti, perdonami per la sfrontatezza, psicoterapeutici.
Già, perché ho letto molto anche sull'autocondizionamento delle parole che noi stessi pronunciamo, ho letto cose scritte da persone che ancora non hanno bene le idee chiare ( e che non sanno d'essere confusi ), ma un punto di riferimento nell'ignoto bisogna pur averlo. Il bello è che non posso dire di aver pregato, di averti parlato invano, anzi.  Spesso ho avuto risposte nella quotidianità, così come un suddito quando reclama la pagnotta al Re; la pagnotta arriva anche se del Re non ne ha mai visto la sagoma.
Proverò a dare una forma a tutta la mia irrisolvibile questione partendo dai margini. Io, come pochi altri in questo mondo odierno, godo di un privilegio incommensurabile, sono venuto a conoscenza di quella che è veramente la Verità. E' successo proprio come hai fatto scrivere nei tuoi Libri, non fui io a cercarti, fosti tu ad attirarmi a Te, volevi che venissi a sapere certe cose. Guardando oggi tutt'intorno ancora non capisco perché Tu abbia voluto darmi così tanto, e ancora, perché dopo aver avuto così tanto, abbia io iniziato a cedere, proprio ora che si vede all'orizzonte la meta. Io prima ero forte perché avevo certezze, io prima ce la facevo perché ero sicuro che la direzione fosse giusta, io prima affrontavo il mio corpo perché pensavo fosse giusto e inesorabile. Ma gli occhi dell'uomo sono famelici, e i miei lo sono ancora di più, per cui nonostante mi avessi intimato di non guardare gli altri uomini, di non affidarmi a loro, io lo feci ugualmente. Perché in passato, quando ho fatto dei vitali cambi di direzione, è stato grazie all'osservazione di ciò che era sbagliato se ho potuto sbarrare la strada alle menzogne che erano sulla via del cuore; l'avvistamento dell'errore mi ha salvato più volte. Così, guardando un po' di qua e un po' di là, scoprii che quelle che erano diventate le mie certezze, altre non erano che certezze altrui, più o meno pregne di onorevolissima sincerità, ma pur sempre d'altri. La “morte” che vado cercando deve essere fondata su certezze certe e non su certezze di opinioni umane e fallaci. Altrimenti in cosa mi distinguerei rispetto al musulmano, al cattolico, all'ebreo ortodosso ( io non sto generalizzando, so che c'è del male nel buono e del buono nel male )? Sarei anch'io un facente parte di qualche religione, organizzazione, fazione, le quali devono sempre trovare qualcun altro da accusare, da incriminare e denigrare, nel momento in cui si discosti dal pensiero generale del gruppo, del gregge. Io dovrei ascoltare e seguire solo le tue certezze, perché sono le uniche prive di errore. Ma quando quello che prima credevo indiscutibile diventa discutibilissimo, la motivazione nel sostenere tale idea si affievolisce, e più scopri che la tua era un'idea sbagliata, più l' astio, nei confronti di codesta e di chi te l'ha inculcata, aumenta.
Quanto è chiara, adesso, quella remota ammonizione che ci facesti, di provare ogni cosa, di essere astuti come le serpi; non applicando tale ordine facciamo del male a noi stessi e agl'altri, a noi perché decidiamo coscienziosamente di omettere il pensiero critico sulle questioni spirituali, esponendo quindi le nostre spalle al nemico, e agl'altri perché, magari, un ipotetico fratello temerario che promulga una dottrina errata, tornerebbe tempestivamente sui suoi passi se gli si puntasse la lama della Verità contro il petto, proprio sul cuore!
Ed ora eccomi qui, a fare i conti con il Tuo silenzio. A volte mi ritrovo a combatterci con le gambe molli di chi non avrebbe dovuto accettare la sfida, a volte invece mi ritrovo a glorificarlo e ad ammirarlo come magnificentissima opera d'arte che si manifesta da sé, senza presentazioni. Erroneamente, a causa sua, ti ho reputato superfluo nel lasciarmi in sua balìa; ma ora, con gli occhi nel presente, capisco che  è assolutamente indispensabile per la mia crescita. Se mi avessi detto Tu, esplicitamente intendo, quello che era sbagliato e quello che era giusto, a che mi avrebbe giovato mettere la coscienza sull'incudine, per batterla, ancora e ancora?… non l'avrei fatto, e sarei morto nella mia mediocrità, inestinguibile…

...continua

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